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Novecento, metà degli anni Ottanta. Uno studente di medicina con la passione per la filosofia, sulle tracce di Hoelderlin e di Kierkegaard, entra in un manicomio per vedere se la profondità della follia può spiegargli l'enigma della vita. Da poco una Legge ha abolito gli Ospedali Psichiatrici. Ma, in quell'inferno di vivi, il tempo e lo spazio sono ancora fermi. Il Manicomio è una nave che lentamente s'inabissa. Volontario alla Quinta divisione donne, lo studente incontra, negli occhi di Giselda e delle altre, il bagliore che aveva la follia dell'Età classica, di cui parla Foucault. È ancora, quella, la follia di Pinel e di Esquirol, di Griesinger e di Kraepelin, ritratta da Géricault e da Delacroix, da Signorini e da Balestrieri. Gilberto Di Petta descrive con tratti efficaci, a volte solo abbozzati, a volte squarcianti, queste singole esistenze che emergono tramite penna dalla palude dell'Istituzione.